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Folle e agenzie di scienza

[#26] Cronache dal mio terzo Folle di Scienza! Anche se non sono nemmeno lontanamente bravo come l'ultima ospite di Co.Scienza

NICOLA DE BELLIS E GIORGIA MOCILNIK

SET 11, 2023

🌱 Prologo

Rieccoci!

Questa estate è stata come un master in comunicazione della scienza: avrei voluto durasse di più, ho speso tutti i miei risparmi e alla fine mi sono ritrovato vicino Ivrea, a Strambino. Vi torna, no?

Nonostante le vacanze siete stati bravi e siete cresciuti ancora, ora questo bosco conta più di 450 alberi! A 500 possiamo effettivamente definirci una vera e propria foresta, no? Beh allora un ultimo sforzo: condividete la newsletter, invitate nuove persone a iscriversi e inoltratela a chiunque - anche in maniera molesta - cliccando su questo pulsante:

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📃 In questa puntata

  • Un’altra inflazionatissima riflessione su Strambino

  • Le agenzie di comunicazione

  • Fisici bulli

  • Festival, master, opportunità di lavoro ed extra

🌻 Iniziamo

Se siete iscrittə a questa newsletter, posso ragionevolmente dedurre che seguite il mondo della comunicazione della scienza italiana, e quindi probabilmente sapete cos’è Folle di Scienza.

L’annuale raduno (o convegno? simposio? Non c’è una definizione precisa. Ricorda qualcunə?) che vede concentrarsi in un paesino vicino a Ivrea più di un centinaio di persone che hanno in comune una sola cosa: la pignoleria comunicazione della scienza.

Ci sono conferenze, pranzi condivisi, spettacoli, un torneo di bocce (nel quale io, Chiara e Alessio abbiamo stracciato delle note divulgatrici social che non nomino per non compromettere l’idea che avete di loro) chiacchierate interessantissime mentre si è in fila al bagno e, soprattutto, i gruppi di discussione in stile BarCamp (se non avete idea di cosa sia potete vedere qui).

Quello che mi preme raccontare, soprattutto per chi a Strambino non c’era, è che si è discusso di tutto: dal perchè scrivere un libro alle neurodivergenze, dalle questioni di stile a quelle di natura economica, dal cosa fare quando si è affetti della sindrome dell’impostore a quando invece qualche collega, sbaglia. E di tutte le cose che sono state dette, una mi ha colpito più delle altre: chi organizza e molte delle persone che partecipato a questo evento sono consapevoli che spesso il mondo della divulgazione italiana può sembrare un po’ chiuso, fatto di poche persone che si conoscono già, della presenza di una sorta di “cerchio magico”. Però fatemi dire una cosa.

Io sono un signor nessuno, eppure è la terza volta che non mi sgamano ci partecipo. Durante la mia prima edizione ero pieno di timore referenziale e sono stato sempre in un angolo, in disparte; durante la seconda mi sono sciolto un po’ e in questa mi sono sentito libero di chiacchierare con praticamente chiunque come se ci conoscessimo da anni. Ho scoperto che molte persone - anche insospettabili - hanno i miei stessi timori, le mie stesse paure di non essere così bravo e di, in fondo in fondo, non appartenere così tanto a quel mondo lì. Però eravamo tutti lì, e questo ha aiutato.

Una delle cosa più belle che ho sentito è che c’è bisogno di allargare la comunità di chi divulga la scienza, di includere e far sentire tuttə benvenutə. La voglia c’è.

Altre riflessioni, ben migliori della mia, su Folle di Scienza potete trovarle qui, qui o qui.

Accettano me quindi la porta è decisamente aperta anche ad altri, anche a chi di voi potrebbe essersi dettə “ma io non c’entro nulla con quelle persone lì”. Per cui, se non siete venutə a Strambino, o se magari neanche lo conoscevate, vi va di raccontarmi se c’è qualcosa che vi tiene lontani?

Ora, con un triplo tuffo carpiato pindarico vi posso dire che uno dei contributi più interessanti che ho ascoltato a Strambino è stato quello sull’intelligenza artificiale da parte di Federico Cabitza dell’Università Bicocca di Milano ed Elisabetta Tola, che molti di voi conosceranno già. Se non la conoscete allora ho una buona notizia per voi: sono tornate le puntate di Co.Scienza dedicate alle professioni della comunicazione della scienza e con Gianluigi abbiamo intervistato proprio Elisabetta. Se la conoscete è comunque una buona notizia: sapete quanto Elisabetta sia in gamba e quanto siano interessanti le cose che ha da dire.

Abbiamo parlato di cosa fa un’agenzia di comunicazione scientifica, ma ne è uscito fuori molto di più, eccola qui:

Per questa uscita è tutto, benritrovat*, ciao!

🐛 Prima delle cose serie

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A post shared by @kashablanca

Altra passione smodata: la stand up comedy.

Ora possiamo proseguire.

🌳 Le cose serie

🎪 Eventi

  • A Milano, il 16 e 17 settembre ci sarà 2084 - Le cose da salvare, un festival che parlerà di letteratura, scienza e società e che non conoscevo e sembra fighissimo

  • A Carpi, dal 20-29 settembre c’è Carpinscienza

  • A Trieste dal 22 al 24 settembre c’è il Trieste Next dove verrà assegnato il premio Science book of the Year

  • A Brescia, sempre dal 22 al 24 settembre ci sarà il festival Una sola Terra (e ci sarò anche io!)

  • Venerdì 29 settembre ci sarà l’Open Night del Museo Leonardo da Vinci di Milano

  • A Bergamo, dal 29 settembre al 15 ottobre invece ci sarà BergamoScienza 2023

👩🏽‍🎓 Formazione

🏅 Call, concorsi e premi

💵 Opportunità di lavoro

International

🔬 Extra

🍃 Per oggi è tutto. Ci risentiamo tra due settimane. Ciao!

🐝 Anche questa uscita della newsletter è stata riletta e corretta da Giorgia Mocilnik, se sono presenti degli errori sono dovuti esclusivamente a mie aggiunte all’ultimo.

🗣️ Ehi tu!

Se le informazioni raccolte in questa newsletter ti hanno aiutato a trovare uno spunto, un’idea o addirittura lavoro, fammelo sapere! Essere utile è lo scopo principale di questa newsletter e saperlo e mi da più spinta per continuare.

🍂 Grazie per aver letto la Foresta. Se ti è venuta in mente una persona che proprio non può perdersi questa newsletter sai già cosa fare, ma te lo ripeto comunque.

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  1. Infertilità in Italia e nel mondo

A livello mondiale, l’infertilità affligge il 15% delle coppie in età riproduttiva. Nonostante l’Italia si allinei a questa media, è tra i paesi europei con il più basso indice di natalità (1,3 figli per donna) ed è tra quelli nei quali l’età media per la prima gravidanza risulta più alta (31 anni). Nel 2019 abbiamo inoltre registrato il secondo posto per numero di madri sopra i 40 anni (8.9 %). REF: Dati da Istituto Superiore di Sanità e Istat https://bit.ly/3SB4CL8 http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCIS_FECONDITA1 

  1. L’infertilità è questione maschile o femminile? L’infertilità può verificarsi a causa di fattori sia maschili che femminili. Nello specifico, dai dati riguardanti le coppie che si rivolgono ai centri per la procreazione assistita (Registro Nazionale PMA), risulta che per un terzo dei casi è preponderante il fattore maschile, per un altro terzo dei casi il fattore femminile, mentre per il restante terzo vi è un fattore di coppia oppure l’infertilità rimane inspiegata. 

REF: Dati da Istituto Superiore di Sanità - Registro Nazionale PMA https://bit.ly/3sjU9JD

  1. Principali cause di infertilità Tra le principali cause di infertilità femminile si possono registrare l’endometriosi, la menopausa precoce e la sindrome dell’ovaio policistico, mentre tra quelle inerenti alla sfera maschile emergono in particolare le alterazioni testicolari, quelle nell’eiaculazione e le patologie che colpiscono la prostata. Sia per le donne che per gli uomini, tuttavia, fattori ambientali e di stile di vita come l'alimentazione, l'obesità e l'esposizione a inquinanti ambientali sono stati associati a tassi di fertilità più bassi. REF: Dati dell’OMS https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/infertility

  1. Tecnologie di Riproduzione Assistita (ART) Si riferiscono a tutti gli interventi che includono la manipolazione in vitro di ovociti, spermatozoi o di embrioni ai fini della riproduzione. Le procedure più comuni sono 1) la fecondazione in vitro (FIV), cioè la fecondazione extracorporea 2) l’iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI), cioè l’iniezione di un singolo spermatozoo nel citoplasma dell'ovocita e 3) il trasferimento di embrioni (ET), ovvero la collocazione artificiale di embrioni nell'utero o nella tuba di Falloppio. REF: Zegers-Hochschild F, Adamson GD, Dyer S, et al. Hum Reprod. 2017;32(9):1786-1801. 

  1. Età e fertilità

Nonostante l’età della donna abbia un effetto più pronunciato sulla fertilità di coppia, anche gli uomini hanno un cosiddetto “fertility clock” che comincia a farsi sentire a partire dai 40 anni. Diventare padri dopo quell’età aumenta il rischio, per il nascituro, di sviluppare cancro, malattie genetiche o disturbi psichiatrici come quelli dello spettro autistico. REF: Chan PTK, Robaire B. Front Endocrinol (Lausanne). 2022;13:897101

  1. Primi studi sulla fertilità 

Fu solo all’inizio del 1800 che si scoprirono i dettagli scientifici fondamentali del concepimento umano. Nel 1827 si scoprì l'esistenza di ovuli nel corpo femminile. Gli spermatozoi erano stati scoperti già nel 1678, ma solo nel 1843 gli scienziati appresero che il concepimento avviene quando uno spermatozoo entra in un ovulo. REF: Ombelet W, Van Robays J. Facts Views Vis Obgyn. 2015;7(2):137-143.

  1. Disturbi dello sperma I problemi legati alla produzione di spermatozoi sani sono la causa più comune di infertilità maschile. Le analisi possono rivelare, ad esempio, spermatozoi incapaci di nuotare nel liquido seminale o in altri casi spermatozoi in numero insufficiente per la fertilità o del tutto assenti. Questo problema può essere causato da molte condizioni diverse, tra le quali malattie genetiche, problemi immunitari o ormonali e, non ultimi, fattori ambientali e stile di vita che includono, ad esempio, l’uso pesante di tabacco o alcol. REF: Agarwal A, Baskaran S, Parekh N, et al. Lancet. 2021;397(10271):319-333.

  1. Il concetto di riserva ovarica Semplificando un po’, l'ovaio femminile può essere pensato come una “banca” di cellule uovo che il nostro corpo ogni mese "recluta" durante il periodo fertile, ovvero rilascia dall'ovaio mediante il processo di ovulazione. Il termine “riserva ovarica” si riferisce al numero di ovociti restanti nelle ovaie e la loro qualità. La grandezza della riserva iniziale dipende soprattutto da fattori genetici, ma il suo declino è legato all’avanzare dell’età.

REF: A) Zegers-Hochschild F, Adamson GD, Dyer S, et al. Hum Reprod. 2017;32(9):1786-1801. 

B) Pellicer A, Lightman A, Diamond MP, Russell JB, DeCherney AH. Fertil Steril. 1987;47(5):812-815.

  1. Inseminazione artificiale

Questa tecnica prevede l'introduzione artificiale di spermatozoi, selezionati anteriormente in laboratorio, direttamente nelle tube di Falloppio della donna. La prima applicazione documentata risale al 1700, ma qualche fonte storica meno ufficiale sostiene che i primi goffi tentativi di inseminazione artificiale di una donna siano stati fatti da Enrico IV (1425-1474), re di Castiglia, soprannominato “l'Impotente”. REF: Ombelet W, Van Robays J. Facts Views Vis Obgyn. 2015;7(2):137-143.

  1. Sindrome dell’ovaio policistico Nota anche come sindrome di Stein-Leventhal, la sindrome dell’ovaio policistico rappresenta una delle principali cause di sterilità femminile. Questa condizione è caratterizzata da ovaie ingrandite e policistiche - cioè con un maggiore numero di follicoli - e da tre sintomi quasi sempre presenti: irregolarità mestruale o amenorrea (assenza di mestruazioni), irsutismo (aumento della peluria) e obesità. REF: A) Rotterdam ESHRE/ASRM-Sponsored PCOS consensus workshop group. Hum Reprod. 2004;19(1):41-47 B) Hart R. PCOS and infertility. Panminerva Med. 2008;50(4):305-314.

  1. Nutrizione e Fertilità Seguire una dieta sana migliora il benessere generale del corpo e influisce sulla fertilità, sia maschile che femminile. Attraverso l'alimentazione possiamo infatti assumere i nutrienti necessari a supportare l’equilibrio ormonale e la salute degli ovociti e degli spermatozoi. Alimenti come il salmone (omega-3 e vit. D) o i frutti di bosco (antiossidanti) sono stati collegati a effetti positivi sulla fertilità. Al contrario, le diete ricche di carboidrati, carni rosse lavorate e bevande alcoliche o zuccherate, influiscono negativamente. REF: Gaskins AJ, Chavarro JE. Am J Obstet Gynecol. 2018;218(4):379-389.

  1. La prima bimba nata per FIV Il 25 luglio 1978, a Manchester, nacque la prima bambina al mondo concepita per fecondazione in vitro. Si chiama Louise Joy Brown e la sua nascita segnò l’inizio dell’era dei trattamenti di fertilità. Questa tecnica sposta il concepimento fuori dal corpo della donna. La cellula viene fecondata in vitro e gli embrioni risultanti vengono solo successivamente reinseriti nell’utero materno. La gravidanza avrà inizio dopo che questi saranno attecchiti. REF: A) Ombelet W, Van Robays J. Facts Views Vis Obgyn. 2015;7(2):137-143. B) Zegers-Hochschild F, Adamson GD, Dyer S, et al. Hum Reprod. 2017;32(9):1786-1801.

BIBLIOGRAFIA:

  1. Dati da Istituto Superiore di Sanità e Istat: https://bit.ly/3SB4CL8 http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCIS_FECONDITA1 

  2. Dati da Istituto Superiore di Sanità - Registro Nazionale PMA: https://bit.ly/3sjU9JD

  3. Dati dell’OMS: https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/infertility

  4. Zegers-Hochschild F, Adamson GD, Dyer S, et al. Hum Reprod. 2017;32(9):1786-1801. 

  5. Chan PTK, Robaire B. Front Endocrinol (Lausanne). 2022;13:897101

  6. Ombelet W, Van Robays J. Facts Views Vis Obgyn. 2015;7(2):137-143.

  7. Agarwal A, Baskaran S, Parekh N, et al. Lancet. 2021;397(10271):319-333.

  8. A) Zegers-Hochschild F, Adamson GD, Dyer S, et al. Hum Reprod. 2017;32(9):1786-1801. 

B) Pellicer A, Lightman A, Diamond MP, Russell JB, DeCherney AH. Fertil Steril. 1987;47(5):812-815.

  1. Ombelet W, Van Robays J. Facts Views Vis Obgyn. 2015;7(2):137-143.

  2. A) Rotterdam ESHRE/ASRM-Sponsored PCOS consensus workshop group. Hum Reprod. 2004;19(1):41-47 B) Hart R. PCOS and infertility. Panminerva Med. 2008;50(4):305-314.

  3. Gaskins AJ, Chavarro JE. Am J Obstet Gynecol. 2018;218(4):379-389.

  4. A) Ombelet W, Van Robays J. Facts Views Vis Obgyn. 2015;7(2):137-143. B) Zegers-Hochschild F, Adamson GD, Dyer S, et al. Hum Reprod. 2017;32(9):1786-1801.

Podcast script

https://open.spotify.com/show/5KRXze6iyZnTFfEdIWlhaz?si=JUM5spaMS36IFrN4vGDd0Q&utm_source=copy-link

Lenses for tomorrow 

Dialogues on how to develop a future-oriented model for science education to enable creative thinking, foresight and active hope in formal and informal environments.

Welcome to “Lenses for tomorrow” a journey that will introduce and guide you through the world of science education and the importance of its regeneration in our modern society. My name is Emma D’Orto, science communicator and member of the European project Fedora. I will be the host of this podcast series: a dialogue in 5 episodes on how sciences can become lenses to look at the world, to make sense of it and thus to be prepared for the futures yet to come. Gathering the experience and opinions of both our project partners and some external experts, we will discuss and discover new ways to enable creative thinking, foresight and active hope in formal and informal science education environments.

In this episode, together with Richard A. Dushl and Olivia Levrini, I will introduce you to the context of our discourse, identifying three gaps between schools and modern society that do not allow young students to perceive science education as something that has relevance in relation to their lives.

But let’s take a step back and start with the first big question: what should be the role of science education in our modern society? 

Dushl: Well, it's a conversation that is starting to change each decade.

Our first guest, Richard A. Dushl, is the executive director of the Caruth Institute for Engineering Education at the Southern Methodist University in the USA. In 2021 he was elected to be part of both the American National Academy of Education and NARST, the global organisation for improving science education through research.

Dushl: The role of science education in the modern society is evolving and transforming as we follow the path of new technologies, new tools, the development of new theories within the fields of science education, and science itself. So our images of our planet, our images of medicine, our images of engineering, are all rapidly changing. And so it's almost like one of the realities of science education in a modern society is that you have to be prepared to continue to be a lifelong learner.

Society is getting more and more complex and in this fast-changing world we, as citizens, have to deal with a lot of serious and delicate scientific issues, such as global health and food safety, climate change, land and water management, energy production, new technologies and artificial intelligence. Is science education prepared to help us in this process of growth as responsible citizens, providing us with some of the skills we need to navigate this modern world? 

Olivia: Now we are in this very, very special moment in society where there is a big change of evolution in the generation of knowledge, in the production of knowledge, in the storage of knowledge, in the way of searching for knowledge. And we are in this society very, very fast and  in some sense the people and the young in particular. But all of us, all of us have a strong feeling of getting lost in this fragmentation of knowledge

Our second guest, Olivia Levrini, is  associate professor at University of Bologna and coordinator of both the FEDORA project, and Bologna’s Physics education research group.

 Olivia: This is research that we did with our students…

Professor Levrini advocates for the need of learning science not just by its results, but by adopting a more “epistemological” perspective, that means looking at science methods, values, aims and limits in order to understand that the scientific one is as a specific kind of knowledge that humankind produces to deal with the complexity of the world.

Olivia: There are many ways to look at science, for example, science as a way to discover how the world is, this is probably one of the most interesting aspects that push people to study science: to discover how things work. Okay. And this is very nice. I understand this kind of feeling, but this is  not exactly my point. I'm not so interested in how things work, but how people try to understand how things work. I like science as a particular form of knowledge. I like how science deals with problems. I like how science generates new knowledge, how science can test the validity and the reliability of knowledge. And I like how science stabilises knowledge.

This particular form of knowledge is very important for society, is very important for the young, it's very important for the students. So it is a sort of responsibility for people who are doing research to try to transmit and then try to communicate this kind of this patient angle of knowledge through which culture has developed the way to deal with the complexity of the world and the complexity of the society.

Our modern world is challenging the role of learning environments for many reasons: one of those is that when you have plenty of information at your fingertips, thanks to easy internet access and new information technologies, school cannot be just a “temple of right answers”. We should try to make it a place for debate and reflection, where new thinking skills and new visions of the world are created in the interaction between students and teachers.

Dushl: [00:07:02] When I came to teacher education, I was taught to manage materials and behaviours of the students. As I started to become an educational researcher, I started to work on these problems of students staying on with a problem for five or six weeks. [00:07:24][22.0] Speaker 1: [00:08:00] At that time, I had an aha moment. I said, it's not about managing materials and behaviours. It's about managing ideas and investigations. Because these kids now had access to online information and they were coming in and asking questions  that the teacher wasn't prepared for. All of a sudden, the management is of the ideas and the information that the children are bringing to the classroom. And it's a different kind of teacher management just to keep those things alive, you know. So let's find out. Rather than saying that's wrong or rather than saying, I don't have time to go into that, we've got to teach this. [00:09:03][63.8]

A second challenge that learning environments have to face is linked to what kind of picture of the world the students get from them. Is school able to communicate the deep influence that scientific knowledge has on our modern society? How is science education perceived by students? Research is showing that scientific teaching is not felt by students as something that is relevant to navigate the world, at different levels.

Olivia: is not perceived as a way to prepare for future professions: lack of relevance from a professional point of view, or from a societal point of view, it doesn't give the tools and the capacity and the competencies to navigate society as there to develop citizens skills. But that is not perceived as relevant also, from a personal point of view, to grow up as a person 

FEDORA is a EU-research project dedicated to tackling this issue by addressing 3 main gaps that have been identified between schools and society. The first gap lies in the strict organisation of teaching in disciplines, opposed to the interdisciplinary character of modern labour market, research and innovation.

Olivia: science and physics in particular in school all over Europe are still taught in a very disciplinary based manner in a vertical way. So disciplines are the core of teaching. And this is good. I think disciplines are a very nice source of very important skills. But then our society requires also to develop a skill-set to bridge and to cross disciplines. Disciplines are not only forms of knowledge organisation, they are also institutional issues because the departments in the school and in university organise according to disciplines. So also it is important to think about new spaces, to think about new ways...

The term discipline contains the Latin root “discere”, whose meaning is “to learn”, so disciplines can be seen as a reorganisation of knowledge with the scope of teaching it. That had, through history, various advantages and still has today. But while recognizing the value of maintaining disciplinary identities, thick walls among them are becoming a big disadvantage. Our modern society is asking for new ways of organising knowledge, adopting interdisciplinarity could be the opportunity for science education to become relevant for students' lives by conveying a “more real picture” of the world.

Dushl: I like what you said about a real picture. What is the nature of the kind of wicked problems that we're trying to deal with here now? And when we look at the teams of people that come together for that, that's the world that the students will move into. I think it's critically important that given the evolution of how science functions, you know, we have this distinction between sort of like basic science and applied science, and basic science focuses on sort of building out sort of our theoretical theories about what's going on in a particular domain of science. But when we move to applied science, then we start to take up questions about things like urban climate risk management, or looking at climate change, looking at biomedical things. What the science of the last three or four years around trying to come up with vaccines for COVID is just really, you know, a bit of sort of an object lesson in how, you know, science is done across many different areas and across many different domains. So energy, interdisciplinary science, I think we're finding ourselves increasingly asking questions, particularly about society and about, you know, quality of life, quality of the planet that requires that the natural sciences, the social sciences and the learning sciences will start to come together. If that's the world that our future scientists are going to be in, then we have to step up and think about how we are, you know, you can't wait till college for the youth to have a bigger sense of the fact that you are now coming into an interdisciplinary world rather than just silos. And that's that's our big challenge, is taking down the silos and creating opportunities for exchange between those.

A second mismatch has been identified, by the FEDORA project, between the formalised language used in school and the media, arts and narratives that are being adopted to talk about science in informal and non-formal learning environments, and more generally the new media and languages that young people are used to.

Olivia: This is a very big gap because the languages that are used in school are very, I would say, neutral, very formal and not particularly engaging. They don't touch emotional issues, the emotional aspects. And they are very neutral in the sense that there are not humanistic parts of science. There are now so many contests where science, technology and art work together in order to feel the present and to imagine the future. So this is very fascinating for me, and it's a pity that this zeitgeist can’t enter the school.

The zeitgeist is the cultural spirit that informs a specific era, as reflected in literature, philosophy, the arts. One of the aspects of today’s zeitgeist is probably our accustomization to change and inclination towards the future. A third gap between school and society concerns, in FEDORA’s opinion, the time perspective.

Olivia: Science is usually presented because in terms of the results that science has produced and the results are presented, that's something eternal.

Sometimes there are some teachers and I like this approach, but are a sort of historical approach to science. Just to discover the process, the historical process that has the processes that have produced these results. And there's school science through history, so through the past.

Using an a-temporal or historical perspective is valuable and can be very useful in some cases, but is not enough.

Dushl: [00:15:25]  a-temporal and historical scenarios with case studies can be very valuable. And go and shouldn't be dismissed outright with respect to the visions of future thinking, because the case studies help you understand how we got where we are. And then from there we can say, okay, now what are the steps forward?  [00:15:51][25.7]

 Dushl: [00:23:10] How do we plan for what are the forward looking, forward thinking ways we're going to adapt to what we're given? Mother Earth is not asking us for really advice on this. We're creating our own scenario. [00:23:33][22.6]

Olivia: [00:28:48] You  don't have the possibility to predict the future, but you can educate yourself to imagine future scenarios and to deal with some ideas, to manage the possibility, to push your imagination forward, to elaborate and to think about possibilities in the future, and also to listen, to see something that can motivate your actions in the present [00:29:54][65.6]

Sciences can be lenses that students can learn to use to look at the world from different perspectives, and at the same time, we, as FEDORA researchers, are looking at science knowledge from the perspective of those three gaps, interdisciplinarity, creativity and future thinking, to make science features more transparent and science education more relevant and valuable for nowadays students which have to navigate our complex modern world.

Olivia: [00:03:12]  Science Education is really in the middle between science and society. Education has the responsibility to convey the aims and the values, the practices and the methods and the knowledge that science is producing. And this is really a political act because these have a strong, strong impact on how citizens and the young and the people experience the society of I mean, science is really has a strong impact on how they live and how they experience society. [00:04:12]

You have listened to the first episode of “Lenses for tomorrow - Dialogues on how to develop a future-oriented model for science education to enable creative thinking, foresight and active hope in formal and informal environments”. 

In the next episodes we will go deep on each of the three gaps between society and the education environments. Then we will explore the concept of open-schooling and FEDORA’s specific approach and discuss more deeply the ways in which science education research can work to be heard from policymakers, to try and make a real change in our society. 

“Lenses for tomorrow” is a podcast produced by Formicablu for the EU project FEDORA. The concept, interviews and text are by Emma D’Orto and Andrea Troncoso. Audio editing by Emma D’Orto.

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